Differenza tra capo e leader aziendale: quale è? E in che modo incide sul benessere organizzativo e sull’efficacia dei team di lavoro? Lo stile di leadership è fondamentale per modellare l’organizzazione e aumentare il livello di sicurezza psicologica nei gruppi con un impatto diretto sulla qualità del lavoro.
Diventare leader per il benessere organizzativo.
La leadership è legata a doppio filo al benessere organizzativo.
Secondo uno studio condotto dal Workforce Institute della multinazionale UKG, manager e team leader hanno un impatto sulla salute psicologica maggiore di terapeuti ed equivalente a quello dei partner. Se la relazione con chi “guida” è tossica, ne risentiamo anche fuori l’ufficio. Anche stavolta ha ragione Spiderman. Da una grande leadership derivano grandi responsabilità.
Ma cosa può fare una leader o un leader per generare un impatto positivo sui livelli di benessere organizzativo? Prima di tutto, può scegliere di non essere solo un capo. Perché la differenza tra capo e leader indice, anche sul benessere mentale delle persone.
La differenza tra capo e leader aziendale.
Per diventare leader per il benessere organizzativo è utile, innanzitutto, salutare Taylor e Ford: ovvero, dimenticare la logica meccanicistica. La leadership verticale che ne deriva è infatti pensata per modelli organizzativi lineari, dove i compiti sono ripetitivi, i risultati prevedibili e i processi programmabili fin nel dettaglio.
Nel sistema economico contemporaneo non funziona così: affrontiamo sfide sempre più complesse e la più grande competenza dei team è il problem solving che per definizione non è né ripetitivo né lineare. Compito della leadership è facilitare la capacità di risolvere problemi, ovvero rimuovere gli ostacoli a una collaborazione creativa.
Si tratta quindi di abbandonare l’idea di un capo che tutto sa e decide a favore di leader aziendali facilitatori e facilitatrici il cui compito principale è creare contesti in cui le persone e i gruppi possano esprimere il pieno potenziale.
Non pensiamo più a Steve Jobs, ma all’intelligenza collettiva – la capacità dei team di lavoro di trovare soluzioni intelligenti, efficaci, originali.
Ma quale è la differenza tra capo e leader? Pensiamoci.
Il capo sta in cima, i leader dappertutto.
Il capo è al vertice, sopra l’organigramma, distante da tutto il resto. Ha una posizione di privilegio che però riscontra due limiti: se da un lato sembra vedere tutto, in realtà è lontano dalla frontiera dove avvengono le relazioni con clienti e fornitori. Inoltre ha una posizione in un certo senso fissa: lo troviamo sempre lì. Non è una figura dinamica o generativa. Il capo non crea altri capi perché dirige nel pieno dei propri poteri.
Spesso associamo alla parola capo, declinata al maschile, le funzioni della testa: pensare, decidere, ordinare, controllare.
Leader viene dal verbo to lead: guidare. Leader è chi ispira, indica una rotta, condivide uno scopo. Chi è leader non si trova solo in cima all’organigramma, ma ovunque serva.
Leader, infatti, può essere il capo ma non solo. In un sistema complesso e articolato come le organizzazioni contemporanee, più leader convivono insieme a diversi livelli. Pensiamo al team leader: non ha il compito di decidere tutto ma di mettere le persone del team nelle condizioni di prendere la decisione più sostenibile in quel momento. Può farlo perché crea contesti collaborativi in cui ognuno può mettersi al servizio dell’obiettivo comune.
La prima differenza tra capo e leader aziendale quindi è etimologica e topologica insieme. Ma non è la sola.
Il capo guarda lontano, il leader anche in profondità.
Secondo il Process Work, l’approccio multidisciplinare sviluppato da Arnold Mindell e diffuso in Italia dalla Scuola Arte del Processo, tra le capacità da leader c’è quella di leggere i messaggi nascosti: ossia di interpretare la cultura profonda di un sistema e prendersene cura.
Una metafora può aiutare a cogliere la differenza.
Pensiamo alle organizzazioni come a organismi viventi: il capo da solo non basta a far funzionare tutto, alla salute dell’intero sistema. Dobbiamo prenderci cura delle altre parti e ascoltare i segnali che mandano: emozioni, sensazioni, messaggi fisici. Capo è chi sta solo sulla testa. Leader è chi integra le parti, le mette in relazione e sa che ogni organo conta.
Un’altra differenza tra capo e leader, quindi, è prospettica. Il capo domina e può guardare magari lontano ma in una direzione sola. Il leader vede anche sotto – e coglie i messaggi nascosti.
Declinare la differenza tra capo e leader nel concreto.
Un manuale della buona leadership non esiste – però abbiamo scritto una mini-guida!
Esistono principi cui ispirare la leadership nel lavoro quotidiano e pratiche da adottare nelle organizzazioni per creare contesti più favorevoli al benessere aziendale.
mettersi in ascolto
La democrazia profonda ci insegna a fare un passo indietro prima di prendere posizione per ascoltare le voci in campo e trovare soluzioni win/win più sostenibili nel tempo.
cercare i messaggi nei conflitti
Il conflitto è come un postino, porta un messaggio, sta a noi leggerlo e comprenderlo. Esistono approcci e metodi per farlo che consentono di spersonalizzare il conflitto per capire cosa ci dice del sistema organizzativo.
scacciare la paura
La sicurezza psicologica è il fattore fondamentale che permette a un team di raggiungere più alti livelli di efficacia. Lo ha spiegato chiaramente Amy C. Edmondson basando le riflessioni su decenni di ricerca sul campo.
costruire processi partecipativi
Vuol dire adottare tecniche per coinvolgere le persone nella ricerca di soluzioni. Aumentare il problem solving è l’obiettivo del team working e del codesign, il lavoro con il gruppo e la progettazione partecipata che rimuovono gli ostacoli alla collaborazione e al benessere organizzativo.
disegnare pratiche non discriminatorie
Il codesign è il processo di design partecipativo che permette di progettare pratiche di lavoro ispirate alla diversità e alla pluralità di voci. Solo accogliendo già nella fase di progettazione la molteplicità dei bisogni e dei punti di vista è possibile organizzare processi rispettosi di tutte e tutti e quindi più coinvolgenti e creativi.
Spunti per leader che non fanno solo i capi.
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