Un nuovo stile di leadership non è utopia: è una possibilità concreta che funziona.
La leadership è la capacità di motivare e ispirare le persone.
L’ha scritto Daniel Goleman, esperto di scienze comportamentali. Se agìta in modo efficace la leadership permette di raggiungere un obiettivo condiviso: insieme, con intenzione, cura e capacità di creare risonanza. Pensiamoci: la descrizione non combacia con tanti leader del nostro immaginario tradizionale. Cosa è successo alla leadership vecchia maniera e al paradigma “command and control”? In alternativa, quale altro stile possiamo adottare e praticare in ufficio?

Ne abbiamo parlato nel podcast “Leadership e gestione della complessità” che curiamo per Scuola IFEL.

Leader è chi crea contesti.

Prima di tutto e per chiarezza: di cosa parliamo quando parliamo di leader?  Di un ruolo che, come tale, cambia e si trasforma nel tempo. La storia della leadership lo dimostra.

Agli inizi del 900 il leader era il capo: chiedeva obbedienza, cieca fiducia, aveva in testa un modello organizzativo chiaro. Un esempio concreto? L’esercito.

Dagli anni 60 qualcosa è cambiato: con il boom economico la cornice dominante per leggere la società è diventata la capacità di produrre, l’esecuzione. La logica è task oriented, il leader ha dismesso i panni militari e indossato quelli della guida manageriale. In ogni caso: sa dove andare, sa cosa fare, sa dirlo alle altre persone del team. 

Negli ultimi 20 anni è emersa una visione diversa. Se il mondo è instabile, mutevole e complesso, abbiamo davvero la certezza che una persona da sola, magari illuminata, riesca a indicare a tutte le altre la direzione da prendere? Difficile. Perché per navigare la complessità servono più punti di vista: integrarli è il compito della leadership.

Leader, quindi, non è chi tutto sa ma chi sa creare contesti favorevoli al dialogo e alla collaborazione, carta vincente per prosperare in un mondo incerto. Bellissimo, ma come si fa?

Competenze relazionali e sicurezza psicologica

Se non esiste una formula magica per una buona leadership, di certo esiste una competenza: la capacità di generare sicurezza psicologica, intesa come la possibilità di esprimersi con onestà anche a costo di assumersi qualche rischio relazionale. Avete presente quando vorreste contraddire una persona gerarchicamente più in alto? Ecco, è questo. 

Evitare il meccanismo Cassandra.

Lo ha spiegato in “Organizzazioni senza pauraAmy Edmondson studiosa di comportamento organizzativo. L’impatto della sicurezza psicologica, ha spiegato, è dimostrato da 20 anni di studio e da un’enorme mole di indagini condotte soprattutto nei team ospedalieri in cui la possibilità di esprimersi può davvero salvare una vita. Eppure viviamo nei nostri uffici un’epidemia di silenzio nella convinzione che instaurando un clima di paura tutti facciano per bene il proprio dovere. Il terrore, invece, mette in moto il meccanismo Cassandra. Nessuno comunica più le cattive notizie per timore dell’isolamento e della denigrazione. I piccoli errori si accumulano, diventano più incisivi, il burnout aumenta, l’efficacia dei team crolla. La leadership fallisce nel proprio compito.

Leader è chi crea altre leadership.

Invertire la rotta è possibile: attraverso la partecipazione, a patto che non sia una tantum ma istituzionalizzata. Invitare le persone ad esprimersi, costruire le condizioni e i processi per farlo, ammettere con onestà i propri limiti, sono tutti comportamenti che favoriscono la sicurezza psicologica. E consentono ad altri leader di emergere. Perché anche questo fa il buon leader: crea altri leader oltre a sé. Questo, in fondo, è anche il senso della leadership distribuita

errori sul lavoro sistemici

Per un nuovo stile di leadership ispiriamoci alle piante

L’esempio più calzante di distribuzione della leadership viene dal mondo vegetale e l’ha descritto Stefano Mancuso, botanico dell’Università di Firenze. Mentre negli animali la capacità di decidere è localizzata nella testa – il capo, appunto – e le funzioni vitali sono concentrate in organi specializzati, nelle piante l’intelligenza è diffusa: non c’è un solo centro nevralgico da cui dipende tutto l’organismo. Questo le rende vincenti sul piano evolutivo.

Di fronte alle sfide molteplici della complessità possiamo trarre ispirazione e ripensare la leadership in questi termini: come capacità di decidere ed agire dove serve, quando serve, anche alla frontiera dell’organizzazione. Vuol dire aumentare l’agency delle persone, la loro possibilità di agire con responsabilità per uno scopo comune.

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