Maternità e lavoro: cosa cambia in azienda quando diventiamo genitori? Le nostre organizzazioni sono in grado di alimentare una cultura della genitorialità positiva?

Non affrontiamo il tema con sguardo tecnico. Vogliamo contribuire alla co-creazione di una nuova cultura della genitorialità nelle imprese e abbiamo accolto con profonda sintonia la proposta di intervista di podcast Radio Ossitocina su un nuovo modo di intendere il potere connesso al diventare madri: la leadership rigenerativa.

Condividiamo l’episodio condotto da Sara Galeotti con Erika Tabloni e Melania.

Maternità e leadership, il podcast.

Cosa è la leadership generativa.

La maternità è (anche) un processo di apprendimento e di esplorazione del potere personale. Le curatrici del progetto Mother Nature hanno dato un nome alla nuova cultura della leadership connessa alla maternità: leadership rigenerativa. Una definizione che mette l’accento sulla possibilità di avere un impatto vitale sul mondo e che si fonda su 6 premesse.

  • Se abbiamo influenza su anche una sola persona, siamo leader.
  • Le qualità che maturiamo con la maternità sono essenziali per l’evoluzione dell’umanità.
  • Il mondo ha bisogno di diversi stili di leadership e di diversi e diverse leader per affrontare le sfide attuali.
  • Possiamo appropriarci della nostra leadership raccontando le storie.
  • La cultura della leadership che vogliamo costruire si basa sul praticare il potere con non il potere su.
  • Una domanda: come posso usare il mio potere e mettere gli altri e le altre nella condizione di usare il loro?

Le competenze della maternità.

Sara: Ciao, sono Sara e oggi parliamo di leadership e di maternità e lavoro con due ospiti molto speciali: Erika Tabloni e Melania Bigi. Erika due anni fa ha lasciato l’azienda in cui lavorava per iniziare a occuparsi dello sviluppo delle persone, lavora per People Rise come facilitatrice e ciò che ama fare è scoprire il diamante che è nascosto dentro alla pietra grezza delle persone. Erika è mamma di due adolescenti. L’altra ospite speciale è Melania Bigi. Laureata in architettura, è facilitatrice di vocazione, nel 2019 ha fondato Tara Facilitazione per supportare il processo evolutivo delle imprese. Melania è mamma da 17 mesi e vive nelle colline fiorentine. Sono contenta di avervi qui anche perché siete in due momenti della maternità diversi. Siete mamme una da 17 anni e l’altra da 17 mesi, state vivendo due fasi, entrambe impegnative, della maternità. Vorrei cominciare con questa domanda, qual è per voi il rapporto tra maternità e leadership? Come diventare mamme, come vivere le sfide della maternità può essere legato alla vostra capacità e potenzialità di leader?

Erika: Se abbiamo influenza su una persona siamo leader. Per me siamo leader nel momento in cui conosciamo noi stessi. Per cui la prima influenza è su di noi.Diventare mamma è un’ottima occasione per entrare veramente in contatto con noi stessi. Per me questa capacità di rilettura di se stessi rientra nella leadership. Che cosa significa leader? Ci sono tante opinioni diverse e a me piace moltissimo uno spunto dal mondo anglosassone, viene dalla radice del termine che significa morire. Siccome tu accogli qualcosa di così grande, una parte di te per fare spazio deve essere lasciata andare. Quando nasce un bambino nasce una mamma ma non muore una figlia. Aggiungiamo qualcosa nella nostra vita e questo ci aiuta anche nel definire come lasciar andare, E secondo me il leader, il grande leader fa questo. Il grande leader accompagna per un pezzo e poi ti lascia andare.

Sara: Melania, tu che ne pensi?

Melania: Domanda dalle mille risposte. In ottica maternità e lavoro, una delle skill che sto sviluppando in questi mesi è proprio la capacità di andare all’essenza. Ho pochissima energia, ho pochissimo tempo. Non posso perderli in cose che non sono veramente importanti. Sono più assertiva: in qualche modo sta aumentando la capacità di mettere dei limiti chiari con amore. Mi chiedo: quando posso accogliere e quando no? Quando posso dare spazio ad una nuova idea, ad una nuova relazione, a una partnership, quando invece mi rendo conto che è uno spreco? E questa per me, in questo momento storico, in particolare è qualcosa che tutte e tutti i leader dovrebbero sviluppare, cioè la capacità di abbassare gli sprechi di energia, di tempo, perché è una questione ecologica. Un altro elemento è la capacità di improvvisare. La creatività, il problem solving e la velocità di rispondere a delle questioni anche urgenti. Un’altro elemento è l’essere al servizio della vita. Penso che una buona leader sceglie dove mettere le proprie energie, però deve essere al servizio di qualche cosa di più grande che non è il proprio ego, non è il mero guadagno economico, ma è al servizio di un progetto che serve per l’evoluzione, a supporto della vita. Quale che sia l’azienda, se fa pane o mobili o servizi, è fondamentale il proposito. Come madri abbiamo scelto di essere a servizio di qualche cosa su cui non abbiamo il controllo: il figlio non è nostro e così non lo sono i progetti di cui siamo leader.

Maternità al lavoro: non solo skills relazionali.

Sara: Ascoltandovi mi è venuta in mente questa esperienza all’inizio del mio viaggio nella maternità, quando sono diventata mamma. Nelle prime settimane mi sono accorta che è successo qualcosa nel mio modo di vedere il mio mondo. Come se il centro del mio mondo che fino a quel momento ero io, e lo dico con molta sincerità, tutto a un tratto è diventato una bambina. Togliermi dal centro di questo mio mondo è stato anche molto terapeutico, nel senso che mi ha permesso di lasciare andare tante preoccupazioni, tanti pensieri, tanto superfluo. Nella mia esperienza di maternità ci ho messo tanto a capire questa abilità dell’usare con parsimonia le nostre energie. Non so se avete mai incrociato nella vostra strada il mito della mamma supereroe che sa fare tutto, che ha tutto sotto controllo, che non perde un colpo, che pulisce il bagno, pulisce la cucina, intanto prepara da mangiare qualcosa di fantastico. Ecco, io sono stata un po’ obnubilata da questa narrazione e mi ha esaurito. Quanto poco è a servizio delle donne questo racconto? Piuttosto che riuscire a fare tutto, ad arrivare dappertutto, dobbiamo proprio imparare a risparmiare energie e decidere dove mettere quelle che abbiamo a disposizione per farle fruttare veramente. Penso sia un’importante capacità da leader.

Erika: Mi viene in mente che la maternità è un bel modo per riscoprire la nostra femminilità. Il femminile, che è sia nell’uomo che nella donna, riguarda la capacità di accoglienza, il mettersi al servizio, quella parte che spesso viene un po’ castrata dal fatto che devo essere performante e la performance è molto maschile. Però, guarda caso, poi il ricercare la performance a tutti i costi non è detto che porti al risultato perché manca la parte femminile dell’equilibrio. Con la mamma ritorna la femmina nel senso dell’atto più femminile che nelle aziende in questo momento si sta riscoprendo. Non possiamo semplicemente pensare al mondo attraverso le analisi dei dati, non possiamo solo utilizzare quella parte del cervello che ci porta a capire il come e il cosa fare, ma abbiamo bisogno anche di quella parte che ci ricollega alla spiritualità. Certo, è molto antica, ma ci ha fatto arrivare fino a qua. E a volte ce la dimentichiamo un po’ e quando la dimentichiamo perdiamo tempo in cose inutili, perché non seguiamo più i nostri valori, quello che effettivamente ci ispira. È un po’ come se venissimo fagocitati dal mondo intorno a noi, poi arriva una creatura che rimette in discussione tutto e questa è una cosa meravigliosa. Forse questo è uno dei doni che ci dà la maternità, non sono soltanto le persone in più che che in qualche modo rimodulano la famiglia ma la persona nuova che diventi.

Leadership vulnerabili.

Melania: Non so se sono diventata una nuova persona, ma sicuramente sto tirando fuori delle parti di me legate al potere e che facevo fatica a esprimere. E che hanno un impatto sul connubio maternità e lavoro. Qualche anno fa, in un calendario filosofico di quelli in cui ogni giorno c’è una frase un po’ a effetto, ce ne era una che diceva: che cosa faresti se tu non avessi paura? L’ho staccata e me la sono messa lì davanti. Diventare madre mi terrorizzava, mi terrorizzava la paura di perdere la mia libertà: come faccio a lavorare con i gruppi con un bambino piccolo? Viaggiavo tantissimo, non riuscivo a conciliare l’immagine che avevo di me lavoratrice, leader e l’immagine di me madre. Ci ho messo tanto a conciliare queste due figure, la Melania madre e la Melania facilitatrice. Poi ho letto un’altra poesia di Marianne Williamson, leggo due passaggi.

“La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Ci domandiamo, chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso, in realtà chi sei tu per non esserlo?”

“ Quando permettiamo alla nostra luce di risplendere inconsapevolmente, diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso e quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.”

Perché dico questo? Perché da quando sono diventata mamma tante donne mi hanno scritto dicendomi: wow, è figo che vai e faciliti con il bambino in fascia. Oppure: ma tu viaggi e allatti all’aperto? Mi sono resa conto che l’aver superato un mio limite, una mia paura e l’aver mostrato anche la difficoltà, la stanchezza, ha permesso ad altre di essere un po più loro stesse. Non di essere come me, ma di dire: se ce l’ha fatta lei, ce la faccio anch’io. Ecco, per me questa è un’altra cosa della leadership. Più io riesco ad essere me stessa, veramente me stessa, e più permetterò alle altre, agli altri di esserlo. Non in una maniera paternalista ma congruente.

Sara: Questa qualità di mettere in campo la vulnerabilità non è classicamente abbinata alla leadership. Normalmente l’idea che abbiamo di leadership è qualcosa di un po’ più monolitico.

Melania: La perfezione. Tu prima parlavi dell’essere perfette, dell’essere, delle super mamme, super donne, super leader multitasking, ma abbiamo bisogno di leader più umane e più umani.

Portare alla luce le parti in ombra.

Sara: Non avere paura di mostrarci anche nelle nostre vulnerabilità o nei nostri lati meno brillanti, perché in questo modo mettiamo anche loro nella condizione di poter mostrare i propri senza vergogna e senza paura. Per riallacciarmi al tema del mostrare vulnerabilità, che non è una classica qualità che attribuiamo alla leadership, vorrei farvi questa domanda. Navigando questi argomenti con tante donne da vari paesi europei durante i nostri corsi è venuta spesso fuori una forma di resistenza al termine. Non sono una leader, non mi sento una leader, non mi piace questa parola, non la voglio praticare, non voglio prendere in considerazione il tema perché leadership è qualcosa che appartiene ad una parte di mondo che non mi interessa frequentare. E probabilmente è quella parte di mondo a cui facevo riferimento prima, quello che ci portiamo dietro come retaggio, dove l’idea di leadership è legata a qualità di performance, di perfezione, di potere su piuttosto che di potere con. Avete qualche riflessione da condividere su come possiamoriappropriarci di questa qualità che invece è fondamentale?

Erika: Per me la prima leadership è la leadership individuale. Lo stare bene con se stessi e conoscersi e riconoscersi nelle parti in luce nelle parti in ombra, perché se si conoscono le parti in ombra sono una ricchezza. Se non le conosciamo in qualche modo ci governano. La centratura della persona è fondamentale. Un po’ mi dispiace perché a volte noi rigettiamo questo potere che abbiamo e nel momento in cui lo rigettiamo generiamo turbolenze e a volte sofferenze. Se io dimostro la mia vulnerabilità innanzitutto non perdo tempo ed energie per nasconderla e poi faccio stare bene le persone intorno a me, impatto sul mio campo di influenza, il campo del cuore, che è molto, molto importante e molto potente anche se non ce ne rendiamo conto. Se io sto bene, influenzo positivamente le persone intorno a me. Una volta mia figlia mi ha detto: mamma, ma come fai, tu sei così forte! Le ho risposto: abbiamo sbagliato qualcosa nella comunicazione, forse non non ti ho fatto vedere tutto. Dobbiamo mostrarlo altrimenti l’asticella è veramente troppo alta.

Melania: Quoto totalmente Erika e aggiungo citando male Shakespeare che una rosa, anche se gli cambi nome, avrà lo stesso profumo. Lo stesso vale per il potere o la leadership, puoi cambiare nome, ma il concetto rimane. Io credo che ci sia un tema fortemente culturale. La parola potere in inglese fa tutto un’altro effetto, power, non è negativo come in italiano. Potere. Ora noi associamo sia al potere che alla leadership degli elementi del patriarcato, perché tutte e tutti noi abbiamo vissuto degli abusi di potere. Quindi, prima di tutto abbiamo bisogno di un lavoro su di noi per vedere queste ferite per riappropriarci del nostro potere, del nostro potenziale, perché questo è, il poter scegliere, il poter fare, il poter avere un impatto in questo mondo, cambiare le cose. Possiamo accettare prima di tutto la nostra forza. Perché è legata alla vita come donne e come madri.

Sara: Grazie Melania, grazie Erika. Io chiuderei qui perché avremmo ancora tantissimo da dire credo, ma mi sembra che abbiamo messo in campo delle perle e le vorrei lasciare decantare. Però mi piacerebbe riprendere questa conversazione in un nuovo podcast, parlando per esempio di come possiamo intraprendere questa strada, di riconnetterci al nostro potere personale, al nostro spazio interiore. E immaginare come sarebbe se non avessimo paura.

Come cambiare la cultura della maternità al lavoro?

Ce lo chiediamo, per questo abbiamo pubblicato l’articolo. Ma continuiamo a parlare e a portare uno sguardo non tradizionale nei nostri servizi di supporto alle imprese.

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