Esplorare la Rete: OltreTara è una proposta di contenuti settimanali
OltreTara, un viaggio per superare gli stereotipi sul lavoro.

La facilitazione non è solo un metodo per affrontare i problemi: è preziosa anche per individuarli permettendo alle organizzazioni di capire meglio le esigenze interne di cambiamento e i percorsi da attivare. L’esperienza di Trentino Social Tank è emblematica: un’impresa che si è messa in gioco e attraverso il lavoro sul team è riuscita a guardarsi dentro e a progettare pratiche d’uso e soluzioni per lavorare meglio insieme.

Nel podcast Elisa Poletti racconta l’esperienza dal punto di vista dell’impresa.

Nel testo Ilaria presenta le tecniche e gli strumenti di facilitazione applicati.

LA FACILITAZIONE PER INDIVIDUARE LE SFIDE DI UN’IMPRESA

La facilitazione non aiuta solo ad affrontare le sfide di una impresa, ma anche a individuare quali sono.  Spesso, infatti, quando in un’organizzazione emerge l’esigenza di cambiare, magari perché i team sono demotivati o c’è poca innovazione, non è semplice per CEO, amministratori e responsabili di area sapere da dove cominciare. Ma la soluzione c’è, è già presente nei team, è necessario però farla emergere: (anche) a questo serve la facilitazione.

All’inizio, quando una organizzazione si approccia alla facilitazione accadono di solito due cose: la domanda di trasformazione è molto chiara o, al contrario, c’è una spinta, un bisogno di cambiamento ma da dove partire non è per nulla scontato. (caso, questo, in cui il compito della facilitazione è prima di tutto aiutare a svelare le domande nascoste).

C’è, poi, un terzo caso, ed è quello di Trentino Social Tank – TST, incubatore di imprese: la domanda è chiara, il bisogno individuato senza troppe sfumature ma quando si comincia a lavorare emergono domande differenti, più sotterranee.

IL CASO TST: L’IMPORTANZA DI INDIVIDUARE I BISOGNI DEL TEAM

Come facilitatrice ho conosciuto Elisa Poletti,  founder di TST, e tutto il team un pò alla volta. Il nostro rapporto professionale è stato un crescendo: ci siamo incontrate all’inizio per una formazione sul tema delle riunioni, poi abbiamo collaborato alla formazione online ed infine Elisa mi ha chiesto di facilitare le loro dinamiche interne.

Nell’intervista in cui descrive l’esperienza della facilitazione dal punto di vista dell’impresa, Elisa racconta: “Ho chiesto  a TARA di aiutarmi a capire i bisogni formativi interni. Ma mi sono resa conto che quella era la punta dell’iceberg: la richiesta svelava un bisogno differente, più profondo. La facilitazione ci ha aiutato a capire collettivamente la strada che volevamo intraprendere come organizzazione.”

Elisa Poletti

In casi come questo, la domanda iniziale è solo una porta. Un invito a esplorare più a fondo le dinamiche dell’organizzazione e a fare un passo verso ciò che ancora non è emerso nella consapevolezza dei team. La capacità di una facilitatrice è di accorgersi che c’è altro e creare uno spazio affinché venga alla luce; la capacità del un gruppo è di accogliere la sfida che i nuovi bisogni e le nuove domande pongono.

Lo abbiamo già sottolineato nel podacst: la chiarezza non è un momento, una illuminazione, è piuttosto un processo complesso al quale si arriva spendendo tempo ed energie.  La facilitazione di un team è anch’essa un processo: un viaggio che si fa col team ascoltando, intuendo, aspettando senza mai forzare ma, anche, senza mai mollare. La facilitatrice, si dice, “tiene il campo” cioè modella lo spazio e lo tiene affinché il gruppo possa esplorare, in sicurezza, i temi che ha bisogno di affrontare in quel preciso momento.

Nel caso specifico, la domanda iniziale di TST ne nascondeva altre due che sono emerse dopo un primo momento di assessment e diagnosi: un bisogno di appartenenza maggiore all’organizzazione da parte di tutte le persone e l’esigenza di  valorizzare alcune competenze. “Non tutti  – spiega Elisa – ci eravamo resi conto di questa difficoltà ma tutta l’organizzazione si è messa in moto per trovare soluzioni insieme per valorizzare alcune persone  in nuovi ruoli e compiti”

Attraverso le pratiche di facilitazione invece di considerare le esigenze profonde delle singole persone come domande isolate e individuali si cercano risposte collettive a una difficoltà espressa da una parte del team e che però ha, come nel caso di TST, un impatto sull’intero percorso di crescita e sviluppo dell’organizzazione.

GLI STRUMENTI DELLA FACILITAZIONE PER FAR EMERGERE LE SFIDE DEL TEAM

La facilitazione, con strumenti semplici, come le domande generative, la visualizzazione e la continua sollecitazione a cercare idee insieme e soluzioni win win, ha aiutato il gruppo a far leva sull’intelligenza collettiva in maniera efficace e pratica.

Uno degli strumenti utilizzati, che viene dalla facilitazione sistemica, è la linea sociometrica. La facilitatrice pone una domanda e chiede a ciascunə di percorrere una linea cha va da 0 a 10 e di collocarsi fisicamente su quella linea, disegnata nel suolo, in base alla propria risposta. Senza parole, senza discussioni, ognunə trova il suo spazio. Immediatamente si crea una costellazione, ossia un raggruppamento nello spazio, che permette al gruppo di guardarsi da fuori, come un insieme, e di cominciare a prendere atto e coscienza delle emozioni e delle relazioni: come si distribuiscono le persone?  Dove si concentra il numero maggiore? E quello minore?

In questo modo si intuisce subito, visivamente, quanto e come un tema sfidante per l’organizzazione ha bisogno di essere lavorato. Come? Si chiede alle persone coinviolte di scrivere su un post.it perchè si sono collocatə su quel punto della linea e non un passo indietro e su un altro post.it di colore diverso cosa le aiuterebbe a fare un passo in avanti. Non 10 passi, non una falcata. Un passo solo, un semplice passo nella direzione di una trasformazione lenta ma costante e soprattutto sostenibile. Nelle risposte è già tracciata una strada. Ed è tracciata allo stesso tempo dall’individuo e dal gruppo nel suo insieme. Così ha lavorato TST, portando a galla, un passo alla volta, le sfide importanti che, affrontate, hanno permesso un movimento necessario all’evoluzione dell’organizzazione.

L’IMPORTANZA DEL CODESIGN PER TROVARE SOLUZIONI SOSTENIBILI

Dopo un primo momento di esplorazione delle domande, ne abbiamo affrontato un secondo di co-design e costruzione collettiva delle risposte. La fase di co-design è importante: che soluzione troviamo, come gruppo, alle sfide individuate? Non basta la consapevolezza, non basta svelare le domande  e i bisogni. Per attivare una trasformazione bisogna costruire insieme delle pratiche d’uso. Questo è il momento in cui la facilitazione aiuta ad attivare l’intelligenza collettiva che porta a buone soluzioni. Buone perchè sono costruite da tuttə e perché un gruppo che vince una sfida, ne esce più forte e con una maggior fiducia in sé stesso e in tutti i suoi componenti.

Rileggendo il modulo di feedback inviato alla fine del percorso mi ha colpito una risposta che qui trascrivo perchè, meglio di me, sa raccontare la facilitazione e come può essere utile a un team che lavora insieme:

“La facilitazione ha aiutato tutto il gruppo ad esprimersi e trovare soluzioni condivise. Non c’è stato un protagonista, tutti hanno avuto la possibilità di far sentire la propria voce”.

La facilitazione, lo abbiamo scritto, non serve a dare soluzioni standard, buone per tutti. La facilitazione serve  a creare spazi affinché quelle soluzioni emergano dal gruppo. Come è avvenuto con TST.

Ilaria Magagna

Cofounder e Facilitatrice TARA

Leave A Comment

Share This Story, Choose Your Platform!