Come prendere decisioni critiche in team?
Al lavoro prendiamo decine di piccole decisioni ogni giorno. Compiere scelte critiche e strategiche non è però facile e può metterci in crisi soprattutto se dobbiamo adottare una decisione strategica sapendo che inciderà sul lavoro di tutta la squadra. Un processo di decision making chiaro, agile e codificato può aiutarci a decidere di decidere insieme con il risultato di aumentare focus, capacità operativa e velocità di esecuzione.
Ne abbiamo parlato nel podcast “Leadership e gestione della complessità” in collaborazione con Scuola IFEL.
Decisioni critiche al lavoro: e adesso?
Quando dobbiamo prendere decisioni critiche al lavoro, una domanda scatta come una molla: chi decide adesso? Spesso la risposta è: il grande capo. Oppure: facciamo per alzata di mano! In entrambi i casi qualcosa potrebbe non funzionare: il calo della motivazione, la de- responsabilizzazione e il boicottaggio sono dietro l’angolo. Per evitarli c’è una strada: costruire processi decisionali partecipati.
Attenzione. Non vuol dire adottare una logica assembleare perpetua. Si tratta, invece, di focalizzare le questioni critiche su cui è strategico decidere insieme e affrontarle secondo il principio dell’assenso: è più facile di come sembra!
I rischi di lasciar decidere il grande capo.
Quando dobbiamo prendere una decisione importante capita di lasciar fare al grande capo spesso nascosto dietro sigle poco comprensibili la cui esatta pronuncia non è nota ai più.
Il capo autocratico non è molto amato negli ultimi tempi ma gli va riconosciuta una abilità: nelle emergenze funziona. Decide subito e detta la linea. Il problema è quando adotta lo stesso atteggiamento rispetto alle decisioni critiche che per definizione richiedono più tempo, respiro, visione. In un’epoca complessa, infatti, difficilmente una singola persona o un piccolo cerchio magico possono avere tutti gli strumenti, le conoscenze e le competenze per prendere decisioni efficaci, su ogni tema e sempre. Certo: possono scegliere di farlo. Inconsapevoli, però, dei propri punti ciechi con il rischio di perpetrarli – ovvero, c’è qualcosa che il grande capo non vede e che, da solo, non vedrà mai.
Spesso, inoltre, chi impartisce ordini produce un effetto di de-responsabilizzazione sulle persone che si sentono private di uno spazio e di un potere, da un lato, e anche liberate dalla responsabilità di contribuire al funzionamento dell’organizzazione.
In poche parole il potere del capo è la velocità, unita a volte alla chiarezza. Il lato oscuro è la riduzione di prospettive e sguardi unito a un effetto demotivante diffuso – secondo l’indagine di Gallup sui luoghi di lavoro, circa il 60% delle persone a livello globale non si sente coinvolto in quello che fa.
I rischi di prendere decisioni critiche per maggioranza.
L’alzata di mano, allora? Che problema ha?
Si tratta della modalità per prendere decisioni basata sulla maggioranza e che più spesso associamo alla democrazia.
Ha i suoi vantaggi. Permette di individuare le priorità in modo rapido, quasi a colpo d’occhio, tutte le persone possono partecipare, è codificata in modo facile e riconosciuto e ci fa sentire in bene: abbiamo regole condivise. Nei luoghi di lavoro sconta però un grande limite: può generare divisione, marginalizzare posizioni, frammentare il gruppo di lavoro in fazioni – e quindi produrre conflitto.
Il rischio della maggioranza è ridurre il potenziale del team. Chi si trova in minoranza, infatti, potrebbe scegliere la comoda via del conformismo e rinunciare alla creatività. Oppure potrebbe preferire il boicottaggio aggiungendo difficoltà e ostacoli e allungando il tempo necessario per mettere a terra una decisione. Attenzione. Si tratta di un comportamento che può apparire estremo ma non è così isolato. Gallup ha stimato che circa il 19% delle persone al lavoro prova così tanta frustrazione da voler sabotare la propria organizzazione.
Decidere di decidere insieme.
Decidere di decidere, invece, vuol dire darsi un processo chiaro e limpido per prendere decisioni strategiche insieme. Si tratta di imboccare la via meno battuta, meno nota ma spesso più efficace dell’assenso. Uno il punto chiave: considerare presa una decisione quando non ci sono più obiezioni al fatto di adottarla. Sembra complicato? Ecco i passi per adottare l’assenso e rendere il decision making più semplice e rapido.
Un processo decisionale codificato e chiaro.
Il processo per assenso ha tre fasi cardine: presentazione della proposta; raccolta delle reazioni; raccolta e integrazione delle obiezioni.
Presentare la proposta.
La prima fase ha l’obiettivo di descrivere l’oggetto della decisione a partire da una proposta a grandi linee. Iniziare da una proposta e non da una domanda aperta su un tema permette di portare subito chiarezza e rende più veloce il processo. Produrre un testo scritto aumenta la produttività della discussione, consente di condividere prima le informazioni necessarie. Leggere la proposta all’inizio di una riunione serve a generare consapevolezza e ad avviare un primo giro di domande di chiarimento. Questo passaggio produce comprensione condivisa e aiuta a dettagliare la proposta.
Raccogliere le reazioni.
La seconda fase di raccolta delle reazioni ha l’obiettivo di prendere un primo feedback dal gruppo esplorando la sfera delle emozioni e delle preoccupazioni. In questo momento è molto importante mantenere le reazioni rapide e circoscritte chiedendo cosa dà o toglie fiducia, se la proposta piace o meno. Il giro di parola non serve a risolvere le questioni e fino a questo momento la proposta non va modificata.
Integrare le obiezioni.
La terza fase è la più corposa e consiste nella raccolta ed eventuale integrazione delle obiezioni. Affinché questo passaggio funzioni è fondamentale definire cosa è una obiezione: è una argomentazione che riguarda il cosa non funziona, non il cosa non mi piace, ed esplora se la proposta così come formulata aiuta a realizzare lo scopo che abbiamo come team oppure no. Insomma: non è una questione di “gusto” ma di funzionalità!
Questo passaggio è il cuore dell’assenso che viene definito proprio come assenza di obiezioni ulteriori. Nel concreto facciamo un giro di parola per chiedere se ci sono obiezioni e se sì di formularle. Quali sono? Cosa ostacola l’efficacia della proposta e come? Le obiezioni possono essere integrate alla proposta apportando delle modifiche oppure individuando un limite di tempo entro il quale mettere in atto la proposta per verificare se funziona o se è utile modificarla.
La decisione è presa nel momento in cui non ci sono obiezioni ulteriori.
Allena il team a decidere con efficacia.
Se non sai come fare, ti diamo una mano!
Costruiamo insieme processi decisionali efficaci. Lo facciamo attraverso workshop partecipati e collaborativi, così. E se non ti basta la nostra parola, ascolta le organizzazioni che hanno già lavorato con noi per prendere decisioni efficaci su questioni strategiche e critiche. Le trovi nel podcast, ad esempio qui.
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