Le nostre partner di Piano Bis hanno pubblicato sul blog un articolo interessante su un tema chiave per la trasformazione organizzativa: l’evoluzione dei modelli di business.
L’occasione per avviare la riflessione? Il post lockdown. Nel periodo pandemico le organizzazioni, con più evidenza quelle più tradizionali, hanno avvertito tutti i limiti di strutture di potere, leadership e di modalità lavorative obsolete. E non ci riferiamo solo allo smart working, inteso spesso – e in modo semplicistico – come lavoro da remoto.
Per evitare che la distanza fisica provocasse la frammentazione dei team e la perdita del senso di squadra, ad esempio, abbiamo dovuto sviluppare nuove competenze. Tecniche, certo, ma anche soft skills.
Tra le soft skills ce n’è una magica: la capacità di contaminare.
Ok, si tratta di una competenza che non si può trasferire in un articolo di blog. Quello che conta qui è però sottolinearla e raccontare l’impatto che produce nei team e nelle imprese. Una operazione narrativa che non facciamo noi: siamo facilitatrici e con il nostro lavoro di consulenza aumentiamo anche la contaminazione, intesa come capacità di aprirsi al nuovo e di mescolarlo, integrarlo.
A raccontare l’impatto della contaminazione è stato un gruppo di imprenditori e imprenditrici che dopo la pademia ha dato voce alle esigenze più profonde di chi ha un ruolo di leadership aziendale.
Se ci chiudiamo non faremo innovazione.
Questa, in grande sintesi, l’opinione delle imprese. Se restiamo negli uffici come roccaforti e non alziamo la testa con curiosità verso il lavoro altrui – e il mondo intorno – non sapremmo fare innovazione. Non di prodotti, né di servizi o modalità di lavoro.
L’innovazione prima che tecnologica è umana.
Ed è strettamente connessa con l’apertura e la capacità di contaminazione. Come la stimoliamo noi? Con il team working, certo!